C'era una volta un piccolo gilet fatto a crochet. Tanti dischetti colorati lavorando avanzi di filati anche minuscoli, accostati in modo azzardato ed inusuale. Un piccolo gilet fatto per 3/3, quando era ancora incapace di opporsi ai miei gusti estetici, quando ancora nel suo armadio c'era il tripudio dei colori e dei fronzoli.
Fonte di ispirazione una rivista mai dimenticata e mai adeguatamente sostituita, piena di idee e colori, di progetti facili e difficili, di mondi colorati ma anche in bianco e nero.
Un progettino facile facile, da crochettare in macchina nelle attese davanti a scuola, davanti alla Tv, in un momento libero, durante una telefonata. Tanti dischetti che poi le pazienti mani della mia mamma hanno assemblato e rifinito. Insomma io la mente e il braccio rozzo frettoloso e multitasking, mia madre la povera e annoiata rifinitrice.
3/3 è cresciuta e il gilet non le è più entrato, ma in realtà anche se le fosse entrato, mai e poi mai lo avrebbe più indossato. Qualche anno di decantazione (almeno 5 o 6) e l'incapacità di liberarmene, neanche regalandolo, nonostante lo scambio di abiti da bambini sia per me una consolidata e splendida abitudine. Ci sono dei capi che non riesco a dar via troppo mi piacciono.
Figli non ne faccio più, i nipoti se proprio devono, speriamo che arrivino tra qualche decennio.
Una stanco pomeriggio di fine estate, pigro al punto giusto, qualche pensiero in testa da scacciare, una stoffina a disposizione per rivestire la canotta
e la mia fashion shopper è pronta. Se la facevo a maggio era meglio, ma un posticino nell'armadio in attesa della prossima primavera per lei la troverò sempre.